Con questo elaborato attraverso il metodo della Pedagogia Immaginale e il pensiero di Gaston Bachelard, James Hillman e Michel Foucault vorrei riflettere e interrogarmi su che cosa evocano e attivano gli spazi pensati e realizzati nei contesti educativi. Che cosa trasmettono a chi ci vive, a chi ci lavora e a chi entra in contatto con essi, qual è la loro influenza? Che cosa attivano in noi, come ci toccano questi luoghi? Dietro la loro architettura, la materia di cui sono fatti, i colori, la disposizione dei materiali c’è un dispositivo di potere del controllo in cui tutto deve essere visto, illuminato, separato come ci mostrerà Michel Foucault o accoglienza.
Cosa ci comunica la disposizione spaziale? Amiamo, curiamo, sentiamo questi spazi come parte di noi stessi? E’ possibile riscoprire o dotare di anima i luoghi educativi, in che modo? Per ritrovare l’anima perduta dei luoghi ci diranno James Hillman e Gaston Bachelard dobbiamo abbandonare la visione dualistica della realtà, dove l’uomo è separato dalle cose e dal mondo ponendosi come dominatore e sfruttatore, e recuperare invece l’antica nozione di natura animata del pensiero tradizionale: nell’antichità, i luoghi quali incroci, sorgenti, pozzi, boschi erano abitati da dei e dee, ninfe, daimones.
L’uomo non era separato dalla realtà ma si sentiva immerso come un tutt’uno nel mondo, a cui esso sentiva appartenere: tutto apparteneva ad un unico mondo fatto della stessa materia. Gli uomini erano consapevoli dello spirito, della sensibilità, dell’immaginazione del mondo.